giovedì 16 ottobre 2008

Scuole sostenibili e riduzione degli affitti. Un sapiente equilibrio tra edifici vecchi e nuovi

di Domenico Cersosimo

Vice Presidente della Giunta Regionale


pubblicato su Calabria Ora del 15/10/08


Gentile professore Giorgio Franco, grazie per la civilissima e acuta lettera aperta (Calabria Ora del 7 ottobre). Senza giri di parole: capisco e condivido l’intonazione preoccupata e anche i suoi rilievi critici (sic!). Non mi consideri stravagante o peggio ammicchevole: sono d’accordo con lei che la cifra odierna della Calabria è la ridondanza di manufatti e non la sua penuria. L’ho detto e scritto più volte. Nella nostra regione si è costruito a dismisura, abbondantemente oltre i fabbisogni e le necessità. I volumi fisici ci hanno ossessionato. In larga parte è comprensibile. Solo pochi decenni addietro soffrivamo di una carenza assoluta di case, edifici pubblici, scuole, ospedali, strade. Di conseguenza, per molto tempo i calabresi, ricchi e poveri, hanno (legittimamente) aspirato e domandato edilizia, privata e pubblica. Su quella domanda fisiologica si è via via costruito un blocco sociale semiconsapevole interessato tout court alla crescita edilizia: imprese, banche, sindacati, lavoratori, sindaci, famiglie. Un blocco composito e interclassista - un vero e proprio “partito del cemento” - interessato soprattutto alle quantità e alla dilatazione fisica del capitale fisso sociale e privato. Abbiamo così costruito di tutto ovunque, con sregolatezza e disordine inenarrabili. Abbiamo costruito per punti, incuranti della tutela ambientale, ignorando gli effetti cumulativi delle reti e della logistica, disconoscendo i vantaggi socio-economici delle agglomerazioni e delle complementarità. La Calabria costruita, a parte rare e apprezzabili eccezioni, appare oggi come un luogo sfrangiato, un imperante fuori squadra, un potenziale e incipiente caso di bolla immobiliare. In questo climax di corsa al “nuovo”, la cultura e le abilità legate alla manutenzione e al riuso si sono progressivamente appannate fin quasi all’oblio. L’esito irrazionale è sotto i nostri occhi: una elevata patrimonializzazione della ricchezza delle famiglie che si traduce in un enorme spreco di patrimoni edilizi abbandonati. Un paradosso per una regione cronicamente in debito di sviluppo, su cui Vito Teti ha scritto pagine mirabili. Allora, vengo alle sue domande critiche, perché costruire nuove scuole? Non sarebbe meglio riadattare e utilizzare edifici preesistenti? In via di principio, come ho appena scritto, sono d’accordo. Recuperare ha un duplice vantaggio: conferisce valore ad un manufatto sprecato ed evita di consumare ulteriormente un bene pubblico - l’ambiente - sempre più scarso. Tuttavia, l’orientamento prevalente verso il riuso non dovrebbe farci cadere nell’errore opposto: ossia di demonizzare - a prescindere - le nuove costruzioni. L’ottimo ragionevole, dal mio punto di vista, sarebbe quello di stressare il più possibile le politiche pubbliche nella direzione del recupero e della valorizzazione dello stock edilizio preesistente, relegando al margine le politiche indirizzate all’espansione dei volumi. Il discrimine vero però è la qualità del “nuovo”, la sua comprovata necessità, il suo carattere da ultima istanza. Dovremmo abituarci tutti, in special modo gli amministratori pubblici, ad una incessante e rigorosa valutazione dei benefici sociali ed economici dell’alternativa riuso-nuovo, dove l’opzione “nuovo” dovrebbe rappresentare l’eccezione. Complicatissimo ma possibile. Ci vorrebbero sforzi e volontà convinti tanto sul versante normativo-prescrittivo quanto su quello culturale e formativo. Per un policy maker, parlo adesso di me stesso per non apparire uno che butta la palla negli spalti, il discorso diventa ancora più complicato in quanto i desiderata debbono fare i conti con la specifica matrice dei vincoli e delle opportunità formali (e politiche). Ad esempio, nel caso che stiamo discutendo, il ricorso al riuso è tassativamente impedito dal finanziatore dell’accordo di programma quadro, lo Stato centrale. Avrei potuto rinunciare all’investimento, è il suo suggerimento. Altro vincolo: la scelta è stata fatta quando io facevo un altro mestiere. Avrei potuto rinunciare a quella scelta, potrebbe ancora obiettarmi lei. Invece no, ho confermato la (giusta) decisione fatta dall’assessore regionale dell’epoca, Sandro Principe. Per più ragioni. Si tratta di investimenti in nuovi edifici che sostituiscono scuole allocate attualmente in locali in affitto e costruiti per altri usi, in manufatti di pregio storico, in locali spesso tecnicamente non adeguabili agli standard minimi di una scuola moderna. Si tratta in tutto di 10 nuovi edifici scolastici distribuiti nelle cinque province, per cui l’impatto ambientale è del tutto trascurabile. Infine, è questa per me la ragione principale, con le amministrazioni provinciali ci siamo impegnati a costruire ab origine edifici pienamente sostenibili: senza barriere, a basso consumo energetico, con materiali ecocompatibili, architettonicamente belli e funzionali. Ci abbiamo messo un di più di intenzionalità: la scuola che fa scuola, che alza gli standard di funzionalità e di qualità, che fornisce buone prassi alle politiche urbanistiche locali. Vogliamo provarci, ci crediamo. Finché potrò e nei limiti delle mie capacità vigilerò, insieme agli uffici regionali e provinciali, affinché il “denaro non venga sprecato” e che si costruiscano veramente edifici di qualità. Nel frattempo la Regione sta programmando, questa volta d’intesa soprattutto con i Comuni, un altro investimento di pari importo sulle risorse del nostro Por (25 milioni di euro), anche questo ideato prima del mio arrivo in Regione, finalizzato a migliorare la qualità e la sicurezza degli edifici scolastici esistenti. Mentre nei prossimi giorni pubblicheremo un bando per dotare le scuole (preesistenti) di nuovi laboratori di matematica, scienze, lingue e musica: 120 laboratori fino a 50 mila euro di investimento per ognuno. Caro professor Franco vorrei tranquillizzarla. Finora abbiamo privilegiato di gran lunga il software della filiera scolastica e formativa: all’incirca 100 milioni per studenti e professori sotto forma di borse di studio, di corsi di potenziamento di competenze e conoscenze, di esperienze formative fuori aula, di viaggi-studio all’estero, di incentivi per l’autoapprendimento di studenti e professori meritevoli, di borse per giovani ricercatori e altro ancora. Entro fine anno più di 30 mila studenti, insegnanti e ricercatori avranno beneficiato degli aiuti regionali del piano d’azione 2008 per il capitale umano. Grandi numeri che hanno anche aiutato ad avvicinare la Regione alla vita nuda delle famiglie e ad accendere qualche riflettore sulla scuola regionale. Solo adesso stiamo partendo con investimenti meno consistenti nell’hardware scolastico e nei prossimi mesi riprenderemo massicciamente azioni e interventi a favore delle risorse umane, senza trascurare i necessari investimenti nelle strutture fisiche, con priorità assoluta verso gli edifici scolastici già esistenti. A questo punto dovrei aprire tutti gli altri files problematici della sua lettera aperta. Ovviamente non è possibile. Mi limito a ricordare che stiamo lavorando molto anche sul resto: sulla formazione extrascolastica, sul raccordo scuola-lavoro (ci stiamo provando con Almadiploma), sul potenziamento delle biblioteche regionali, anche attraverso il prolungamento notturno dell’orario di apertura, sulla musica attraverso uno specifico programma (MusiCal) in via di definizione, sull’accessibilità a scuola degli studenti disabili e sul perseguimento della loro più piena cittadinanza (attraverso uno specifico programma già finanziato), sull’introduzione di nuova materialità nella scuola mediante la coltivazione di piccoli orti adiacenti alle classi e la costruzione di forni per fare il pane. Siamo in movimento, cerchiamo di fare e di “diversamente fare”, come lei opportunamente mi consiglia. Sono cosciente che dovrei fare di più e soprattutto fare meglio. Mi creda: non mi sto risparmiando. Una scuola di qualità come lei efficacemente disegna avrebbe bisogno di sforzi corali e prolungati nel tempo. Ci vorrebbero molti più incoraggiamenti pubblici e anche molte lettere critiche e appassionate come la sua. Un interesse collettivo a migliorarsi.

Post scriptum. Una nota personale. Dall’1 dicembre 2007, giorno del mio insediamento in Giunta regionale, posseggo 2 telefoni portatili e 2 indirizzi di posta email entrambi attivi 24 ore e dunque dovrei essere rintracciabile più facilmente di prima. Il mio telefono fisso era ed è attivo e in elenco telefonico. Alle telefonate e alle mail ho il piacere di rispondere personalmente. Il mio “Ufficio” è un sobrio e piccolissimo trilocale dove lavoriamo con accanimento in 6. Nessun “gendarme” o “guardiano” protegge i miei contatti con “gli altri”: la mia stanza ha 2 porte entrambe accessibili senza filtri a tutti. Né la “burocrazia” mi limita alcunché, semmai sono io a limitarla con i miei eterodossi tic organizzativi e gestionali. La mia vita è cambiata molto negli ultimi 10 mesi, ma non le mie prassi relazionali. Ci tenevo a comunicarglielo.

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