sabato 18 ottobre 2008

“ SI PUO’ FARE” - Note del Regista Manfredonia

Questo film , ispirato ad una storia vera, è ambientato in un momento nevralgico della nostra storia, nella Milano della prima metà degli anni Ottanta : yuppismo, Milano da bere, moda che trionfa, paese che corre. L’ Italia ha vinto i Mondiali, Azzurra regna sui mari, superiamo il PIL dell’ Inghilterra, e ogni casalinga può vincere cento milioni telefonando alla Carrà.
Nello è un sindacalista , ha forti valori etici ma è appassionato di modernità, terziario,mercato: troppo avanti per quegli anni, viene allontanato dal sindacato e mandato in una cooperativa di ex malati mentali appena dimessi dai manicomi per la legge Basaglia.
Nello si ritrova, così , in una cooperativa di “picchiatelli” che non sanno fare nulla, e vivono di lavori assistenziali. Ma lui crede nella dignità del lavoro, e , contro il parere degli psichiatri, cerca di spingere i picchiatelli ad imparare un lavoro “vero”, che li tolga dalle elemosine dell’assistenza.
Gli inizi sono disastrosi, i “picchiatelli” ne combinano di tutti i colori in un pasticcio di pasticci tragicomici. Ma Nello non fa una piega, continua a dar loro fiducia, li incoraggia finchè scopre un segreto : certe incapacità a volte sono solo una “diversa capacità”. Ad esempio , i soci schizofrenici si rivelano bravissimi a comporre pezzi irregolari : nasce così il business dei “parquet a mosaico”, fatto con gli scarti di lavorazione del legno, che non costa nulla e che nessun altro saprebbe fare.
Il “ parquet a mosaico” diventa una piccola moda della Milano da Bere, e la “cooperativa di scarti” comincia ad assomigliare ad un’azienda che sta in piedi. Nello inizia a cercare le “diverse capacità” di tutti i soci, e per ciascuno inventa un ruolo o un piccolo business. I picchiatelli, dal canto loro, ricevendo fiducia dimostrano risorse e qualità che nemmeno loro sapevano di avere. Il lavoro si rivela anche un’ottima terapia. I soci ora si sentono “specialisti”, hanno più fiducia in sé stessi e avanzano nuove richieste : chi vuole una casa,chi le vacanze, chi il sesso. Nello cerca in qualche modo di provvedere a tutto ma la sua generosità lo porta a commettere un errore…

Questo , in estrema sintesi, è il cuore narrativo del film che vuole raccontare una storia di speranza, presente già nel titolo “ Si può fare”. La nostra vicenda dimostra infatti che con la fiducia , l’attenzione, il lavoro e la fantasia si possono fare tante cose, anche trasformare dei malati di mente in un azienda che funziona. Tutto questo assume una forza maggiore dal momento che questa storia è ispirata ad una vicenda realmente accaduta. Si può fare davvero.

In un senso più ampio, il film affronta il tema della “diversità”, dell’emarginazione.
Non c’è da aver paura dei malati di mente, non c’è da aver paura di chi è diverso, chi è diverso non va emarginato. Al contrario in tutti ci sono qualità e potenzialità da valorizzare. Finendo magari per scoprire ciò che ogni psichiatra sa ; che tra le malattie dei matti e i difetti dei normali, il confine è spesso sottile.

Il film vuole poi esplorare la vita del malato di mente nel mondo normale. Il cinema ha spesso denunciato la disumanità dei manicomi proponendone la chiusura. Qua si affronta , per così dire , il seguito : che facciamo quando poi i manicomi sono chiusi? E’ un tema molto poco frequentato dalla cinematografia , come se i malati di mente fossero interessanti solo se sottoposti ad ingiustizie disumane.

Si tenta , inoltre, una riflessione sugli anni Ottanta , anni nei quali si svolse una forte battaglia culturale tra chi credeva nel Mercato e chi invece nei valori della solidarietà. Nello è un “perdente” che non riesce a stare in nessuno dei due eserciti nemici: allontanato da una parte perché crede troppo nel mercato, ridicolizzato dall’altra perché nel mercato vuole portarci la solidarietà. Ci sembra interessante , alla luce dell’attualità, raccontare la storia di un uomo che già in quegli anni cercava una via alternativa per stare in modo efficiente sul mercato ma senza abdicare ai valori.

Va anche detto che , dovendo affrontare un tema delicato come la malattia mentale, ci siamo sentiti in dovere di studiare il problema a fondo, e frequentare per mesi i centri di igiene mentale. Ma queste fatiche e questo sapere non appesantiranno il film, che costruisce il suo linguaggio sulla spettacolarità delle scene e sulla loro forza emotiva, sia essa drammatica o da commedia. Perché questo è certamente un film che vuole far pensare , ma è anche un film in cui si ride e si piange.



Giulio Manfredonia

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