domenica 22 novembre 2009

Appello di Stella Ciarletta per la promozione delle pari opportunità tra uomini e donne nell’accesso alle cariche elettive al Consiglio Regionale

<Quale Consigliera di Parità della Regione Calabria, ho avuto un dialogo continuo e costruttivo con la Commissione Regionale Pari Opportunità, le Consigliere Provinciali di Parità, il Comitato per l'empowerment femminile di Lamezia Terme, il Centro Milly Villa dell'Unical e tanti altri soggetti e interlocutori della società civile calabrese.
La proposta di riforma della legge elettorale, sintesi di questi incontri è stata prodotta al Presidente del Consiglio Regionale Giuseppe Bova e al Presidente della Regione Calabria Agazio Loiero, nonché a tutti i politici e i consiglieri regionali che si sono dimostrati interessati alla tematica.
La nostra proposta si pone l’obiettivo di introdurre nelle regole della rappresentanza politica nel Consiglio Regionale della Calabria una disciplina che aiuti a rimuovere le disuguaglianze di genere e costruire una reale democrazia paritaria.
Le misure volte a favorire la partecipazione politica femminile consistono, in sostanza, nell’introduzione di un limite alla presenza di un solo genere nelle liste, imponendo ai partiti politici di candidare obbligatoriamente una predeterminata percentuale di donne e uomini e nella previsione della possibilità per l’elettore di esprimere due preferenze con il vincolo per cui una deve riguardare un candidato di genere maschile e l’altra un candidato di genere femminile della stessa lista.
In particolare, il fine precipuo è quello di dare concreta attuazione all’articolo 51 della Costituzione, in materia di promozione di pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive, il quale prevede che: “Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.
Lo Statuto regionale, all’art. 38 (Sistema Elettorale), comma 2 prevede che “La legge regionale promuove la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive”, mentre la legge elettorale regionale dispone che “Al fine di assicurare la parità di accesso alle cariche elettive degli uomini e delle donne, ai sensi degli artt. 51 e 117, comma 7, della Costituzione, le liste elettorali devono comprendere, a pena di inammissibilità, candidati di entrambi i sessi”.
La presente proposta di legge si colloca in tale contesto e si propone di introdurre nella legge elettorale regionale delle disposizioni finalizzate ad incrementare la presenza femminile nell’assemblea elettiva regionale, garantendo in tal molto la parità effettiva tra i sessi anche nell’ambito della realtà politica>>.
La Consigliera Regionale di Parità
avv. Maria Stella Ciarletta

lunedì 9 novembre 2009

Papà in congedo per una famiglia più paritaria

Papà a casa con i figli malati se la mamma è casalinga.
L'Inps riconosce il congedo parentale anche quando la moglie non lavora.

A cura di Stella Ciarletta, Consigliera Regionale di Parità.

Fino a qualche giorno fa, se i figli stavano male o dovevano essere accompagnati dal dottore e la mamma non lavorava, i papà non potevano godere dei riposi giornalieri previsti dalla normativa a sostegno della maternità e paternità. La legge prevede che sia la mamma lavoratrice la prima a poter godere dei congedi parentali, e solo in caso di morte o grave inabilità della stessa ne possa usufruire il padre. Ma se la mamma è casalinga, allora non scatta la possibilità per il marito di usufruire del riposo per accudire i figli.
L'INPS, con una circolare del 15 ottobre, ha esteso anche a queste ipotesi il diritto del padre ai permessi per curare i figli, decisione questa conseguente a un intervento del Consiglio di Stato, che ha dato una interpretazione estensiva delle legge. L'art.40 del d. lgs. n. 151/2001 prevede, infatti, che al padre lavoratore dipendente siano riconosciuti periodi di riposo: nel caso in cui i figli siano affidati solo al padre; nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente; nel caso di morte o di grave infermità della stessa. L'Inps, in passato, aveva ritenuto dovesse intendersi come "lavoratrice non dipendente" la madre lavoratrice autonoma avente diritto ad un trattamento economico di maternità a carico dell'Istituto o di altro ente previdenziale, e non anche la madre casalinga. Il Consiglio di Stato, invece, con la sentenza n.4293 del 9 settembre 2008, afferma che la ratio della norma, volta a dare sostegno alla famiglia ed alla maternità, induce a ritenere ammissibile la fruizione dei riposi giornalieri da parte del padre anche nel caso in cui la madre svolga lavoro casalingo. Il padre dipendente può dunque fruire dei riposi giornalieri nei limiti di due ore o di un'ora al giorno, a seconda dell'orario giornaliero di lavoro, entro il primo anno di vita del bambino o entro il primo anno dall'ingresso in famiglia del minore adottato o affidato, e può utilizzare i riposi a partire dal giorno successivo ai 3 mesi dopo il parto.
Con queste decisioni sembra cambiare l'approccio istituzionale verso la genitorialità, non più focalizzato sulla subalternità della figura paterna rispetto al ruolo centrale della madre, ma invece tesa a favorire la condivisione degli impegni familiari per un maggiore benessere dei figli, superando storici pregiudizi che riservano rigidi compiti ai coniugi. Una distribuzione equilibrata delle responsabilità di cura può permettere una crescita dell'attività delle donne, dalla formazione sino al lavoro; una donna con maggiore tempo per sé è una donna che può studiare, lavorare e migliorare, di conseguenza, il tenore di vita della propria famiglia. Purtroppo ancora oggi, in Italia, sono prevalentemente le donne a prendersi cura della famiglia, dai bimbi agli anziani non autosufficienti, e questo fenomeno non permette una piena partecipazione delle stesse al mercato dal lavoro, basti pensare che in Italia, infatti, gli uomini tra i venti e i settantaquattro anni lavorano in occupazioni remunerate in media per 4,8 ore al giorno, contro 1,8 ore delle donne. Il risultato si ribalta nel caso del lavoro domestico: le donne dedicano mediamente un quarto della loro giornata alla “produzione domestica”, contro le 2 ore scarse degli uomini. L'Italia è uno dei paesi industrializzati con la più bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro e il mancato riconoscimento del lavoro di cura è sicuramente una tra le cause di questo fenomeno assolutamente negativo.
In tal senso è auspicabile una maggiore attenzione da parte del legislatore nazionale, che sappia conferire dignità previdenziale al lavoro domestico rendendolo visibile economicamente oltre che socialmente, e rafforzando al contempo le politiche conciliative tra lavoro e famiglia per permettere più flessibile e sostenibile la convivenza tra impegni di cura e professionali.