domenica 12 maggio 2013

“La festa della Mamma, Giacinta e le donne che vogliono lavorare”

In occasione della Festa della Mamma  il mio pensiero va, senza alcun dubbio, a tutte le  madri che lavorano o che vorrebbero farlo e non possono perché ancora oggi, nel 2013, la maternità rappresenta una vera e propria ipoteca sul futuro professionale delle donne.
In questo giorni Repubblica ha pubblicato una inchiesta on line dal significativo titolo “Questo non è un Paese per mamme”,  dove la giornalista Ficocelli pubblica, assieme ad una video intervista con la testimonianza di una donna licenziata in occasione della maternità, anche i risultati di una indagine condotta con cento mamme intervistate su alcuni temi come la conciliazione, i servizi pubblici e il lavoro. Alla domanda se l’Italia sia un paese per mamme, se cioè il nostro Stato aiuti e sostenga la maternità, 74 donne su 100 dicono di no e alle domande successive emergono le difficoltà a conciliare gli impegni familiari e il lavoro, la mancanza di servizi e le discriminazioni sul lavoro subite a seguito della scelta genitoriale.
Sono tante le donne che vengono presso l’Ufficio della Consigliera Regionale di Parità per raccontare storie di discriminazioni sul lavoro legate alla maternità, licenziamenti, dimissioni indotte, mancate assunzioni o carriere stroncate in occasione del lieto evento.
Il compito della consigliera di parità è quello di assistere legalmente le lavoratrici o anche i lavoratori (e ne vengono sempre di più a rivendicare congedi parentali non riconosciuti) che siano discriminati per motivi legati al sesso e, in questi anni, diversi sono i casi che ho avuto l’onore di seguire con risultati positivi.
In questa ricorrenza voglio raccontare la storia di Giacinta, farmacista e madre di tre bambini, di cui l’ultimo di nemmeno un anno, che si è vista negare la proroga del contratto di lavoro perché era in astensione obbligatoria per maternità.
Ogni volta che parlo in pubblico di discriminazioni sul lavoro, mi viene obiettato subito che ormai  non esistono quasi più e la argomentazione più frequente è che, al contrario, la maternità nel pubblico impiego gode di un eccesso di tutele. Eppure Giacinta lavorava proprio presso una Pubblica Amministrazione come dirigente farmacista assieme ad altri ventinove colleghi. E quando l’ASP in questione ha deciso di prorogare il contratto, che era a tempo determinato, ai trenta dirigenti, lo ha fatto solo per gli altri ventinove, lasciando senza lavoro proprio e solo lei perché in astensione obbligatoria per la gravidanza.
Alla incredulità di fronte alle parole della donna, è seguito un lavoro alacre da parte dell’Ufficio della Consigliera di Parità per ricostruire tutto il fascicolo e predisporre il ricorso di fronte al giudice del lavoro, il quale ha non solo riconosciuto l’esistenza della discriminazione nella condotta dell’ASP , ma ha ordinato la cessazione del comportamento  illegittimo e, al fine di rimuoverne gli effetti, ha condannato l’Ente al risarcimento in favore della dottoressa del danno patrimoniale causato commisurato alle retribuzioni non corrisposte  per il periodo di mancata proroga (sedici mesi) par ai circa cinquantacinquemila euro.
Il Tribunale ha, altresì, riconosciuto oltre il risarcimento del danno patrimoniale anche quello non patrimoniale per perdita di chance pari a settemilacinquecento euro e quello per il pregiudizio morale ed esistenziale cagionato dalla discriminazione sofferto per ulteriori duemilacinquecento euro.
I profili innovativi della sentenza emergono proprio nel  passaggio relativo alla risarcibilità del danno, perché evidenziano un aspetto drammatico delle conseguenze dei comportamenti discriminatori nei confronti delle donne: lo scoraggiamento. Una lavoratrice licenziata o discriminata in occasione della maternità è una donna che difficilmente rientrerà nel mercato del lavoro e che, a causa delle difficoltà incontrate, perderà sempre di più le opportunità di tornare a lavorare fino ad arrivare al punto di scegliere di non cercare più lavoro.
Dedico questa sentenza a tutte le madri come Giacinta, che lavorano o vorrebbero lavorare e che sono orgogliose della loro scelta di maternità e la difendono a testa alta.
Maria Stella Ciarletta – avvocato /Consigliera Regionale di Parità

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