giovedì 5 giugno 2014

La legge elettorale non rispetta le pari opportunità, chiediamo che il Governo la impugni

La bocciatura dell'emendamento sulla doppia preferenza nella ultima seduta del Consiglio Regionale ha avuto un indubbio significato politico sulla resistenza umana e culturale manifestata della maggioranza della assise calabrese rispetto ai temi della democrazia paritaria. Non sono serviti a nulla gli appelli delle associazioni e degli organismi di parità e, forse, i recenti risultati ottenuti alle elezioni europee e amministrative, grazie a questo strumento di riequilibrio nella rappresentanza, hanno spaventato gli uomini invece di stimolarli.
Ma l'approvazione di una legge è, innanzitutto, un atto giuridico, anche se ovviamente frutto di una valutazione politica. Come qualsiasi altra legge, anche quella elettorale deve rispettare i principi costituzionali e le prescrizione che lo Stato impone alle Regioni, nel rispetto delle competenze istituzionali. La politica non è arbitrio, e deve osservare il diritto come qualsiasi altro organismo pubblico.
La Corte Costituzionale ha stabilito in maniera inequivocabile l'immediata applicabilità dell'art. 51 della Costituzione sulla parità di accesso alle cariche elettive, inteso come parametro di legittimità sostanziale di attività amministrative discrezionali, rispetto alle quali si pone come limite. Ma non bastasse questo, la legge 215 del 2012, oltre ad introdurre la doppia preferenza per le elezioni comunali, ha prescritto un vero e proprio obbligo per le Regioni di predisporre, all'interno delle leggi elettorali, "misure che permettano di incentivare l'accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive".
Il Consiglio Regionale ha violato non solo il dettato Costituzionale (e questo già basterebbe!), ma ha disatteso un obbligo prescritto dalla legge, laddove il cronico deficit di rappresentanza femminile, fermo da oltre dieci anni al 4% per cento quando tutto va bene, avrebbe richiesto, invece, che la doppia preferenza fosse accompagnata da altre misure aggiuntive come la presenza minima obbligatoria di donne in lista e l'alternanza delle candidature, come ben ha proposto, infatti, il PD nell'emendamento respinto.
E allora, se il Consiglio Regionale ha disatteso le indicazioni legislative oltre che i precetti Costituzionali, dobbiamo chiedere tutti insieme che il Governo intervenga affinchè questa legge non venga approvata e se del caso che la impugni di fronte alla Corte Costituzionale, affinchè venga stabilito definitivamente se le pari opportunità sono un principio vincolante e imprescindibile del nostro Stato di Diritto oppure un semplice complemento naif, buono per strappare applausi e consensi in campagne elettorale e poi oggetto di sbrigativa e sarcastica bocciatura in sede decisionale.



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