mercoledì 12 marzo 2014

Di cosa parliamo quando parliamo di quote rosa...

Mentre assistiamo in tempo reale alla votazione della legge elettorale alla Camera prima, e al Senato ora, attorno all'Italicum si è scatenata l'opinione pubblica sulle cosiddette "quote rosa". Come diceva Moretti, le parole sono importanti e se cominciamo già con un linguaggio stereotipato siamo messi male. Siamo di fronte ad un tentativo, neanche tanto mal celato, di sminuire la questione, farla apparire di parte, storicamente superata, o come mi sento dire certe volte "femminista"! Ogni testata giornalistica ha il suo sondaggio on line con la domanda di rito "secondo te c'è bisogno delle quote rosa o le donne devono dimostrare il loro merito da sole?", imponendo già nella richiesta una alternativa tra il merito e una giusta rappresentanza dei generi.
E qua sta la disonestà intellettuale di questo ragionamento.
Tant'è che prevalgono i no, le donne devono andare avanti per merito rispondono i lettori on line.
La questione della rappresentanza femminile in politica, o meglio della sotto rappresentanza, è reale, sotto gli occhi di tutti, basta volgere lo sguardo non troppo lontano verso la composizione delle nostre assise, il Consiglio Regionale, in primis e i vari consigli comunali dopo. Donne a capo di Comuni pochissime, tant'è che ancora oggi fanno notizia e si contano sulle dita di una mano.
Ma il merito ed una rappresentanza paritaria non sono principi contraddittori, bensì complementari. Soprattutto con una legge elettorale che prevede liste bloccate su circoscrizioni ridotte, dove probabilmente verrà eletto solo il candidato capo lista, data la minore dimensione territoriale.
Si potrebbe arrivare al paradosso che verranno candidate le migliori donne per merito (e questo augurio vale molto di più per i candidati maschi! sic!), ma altri per loro (il partito? il segretario? le alleanze?) decideranno che non saranno capolista e non verranno elette. Niente di nuovo sotto il sole.
Allora capovolgiamo il ragionamento del paradosso del merito e domando a tutti voi: se il merito deve essere il criterio di selezione dei candidati alle elezioni politiche, un criterio valido paritariamente per donne e uomini, una volta esclusa la preferenza, che sarebbe stata l'unica arma per le candidate per dimostrare il proprio peso elettorale, perchè non si deve partire tutti dalla stessa linea di start con l'alternanza uomo/donna dei capilista? Perchè tra pari candidati meritevoli alcuni (gli uomini) devono avere la garanzia, o quantomeno ottime possibilità di essere eletti a priori e le candidate donne devono partecipare con minori chance? Non lo so perchè, ma a me queste sembrano proprio quote azzurre... o no?

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