lunedì 28 novembre 2011

Manifesto dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia sulle riforme per la giustizia

L’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia – Avvocati di famiglia prende atto con indignazione delle ipotesi di riforma della giustizia che circolano come possibile contenuto della manovra del Governo attesa per i primi giorni di dicembre (esclusione della difesa tecnica in primo grado e abolizione del sistema attuale degli ordini professionali con quello che ne deriva in termini di deregolamentazione della professione) ed invoca il rispetto dei principi costituzionali sul diritto di difesa come principi irrinunciabili per i cittadini.
E’ illusorio pensare che la crisi dell’assetto economico e finanziario attuale possa essere risolta con interventi che riducono oggettivamente le garanzie anziché, al contrario, con misure che riescano a valorizzarle. Non può esserci competitività in assenza di regole predeterminate di gestione dei conflitti e in assenza di un sistema di tutela della professionalità e della deontologia.
Soprattutto nel diritto di famiglia l’eliminazione di regole processuali fondamentali, quali quelle che attualmente garantiscono il contraddittorio e il diritto di difesa tecnica, accentueranno le disuguaglianze con l’attribuzione ai più forti del potere di dettare le regole del gioco.
L’avvocatura è chiamata oggi ad un compito storico che è quello di difendere il processo con le sue regole fondamentali e di difendere gli ordini professionali come luogo in cui si elaborano la funzione difensiva e la deontologia professionale.
Non abbiamo timore di cambiare ma non possiamo cambiare seguendo la logica confusa e incostituzionale di chi intende contrabbandare soluzioni inaccettabili come quelle che si ipotizza il Governo possa varare nei prossimi giorni.
L’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia pertanto aderisce pienamente a tutte le iniziative di protesta e di lotta che l’avvocatura ha messo in cantiere contro l’eventualità che misure liberticide possano essere approvate sotto la scusa dell’emergenza economica e finanziaria.

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