domenica 11 gennaio 2009

Il lavoro delle donne secondo il Rapporto Censis: tra fragilità e risorse, motore contro la crisi economica.


A cura di Stella Ciarletta


Il Rapporto sulla situazione sociale del paese 2008 del Censis conferma la fragilità della presenza delle donne nel mercato del lavoro: il 52,2 % del totale del lavoro precario è costituito dalle donne.
Questa minoranza vitale, come la definisce il Presidente del Censis De Rita, è tra i soggetti più colpiti dalla crisi, nonostante lievi e significativi miglioramenti in qualche settore. L'assenza di un welfare reale in favore delle famiglie grava per lo più sulle donne, impegnate nella missione impossibile di conciliare, con Ie proprie risorse personali, tempi di vita e lavoro.
Il documento sottolinea come nell'area della famiglia e della cura, è evidente il sovraccarico femminile, sia per le ore dedicate al lavoro familiare, superiori a quelle delle donne di altri Paesi e di molto inferiori a quelle degli uomini, sia per il sostegno delle reti di mutuo aiuto e di cura nella famiglia allargata. Inoltre la capacità ricettiva offerta dai servizi per la prima infanzia sia pubblici sia convenzionati si assesta, ma con oscillazioni regionali molto ampie, solo intorno all’11% della domanda. Per quanto riguarda gli asili pubblici, la spesa a carico delle famiglie, è orientativamente pari al 40%, per un esborso mensile di 285 euro circa, mentre quella mediamente sostenuta dai singoli comuni si aggira intorno ai 600 euro al mese per ciascun bambino/a. Il dato preoccupante è che oltre il 23% delle domande presentate finisce in lista di attesa. Se si considera un “affido” non inferiore alle tre ore quotidiane, nel 52,3% dei casi le madri lavoratrici sono costrette a ricorrere ai nonni; nel 27,8% dei casi agli asili pubblici o privati, nel 9,2% alle baby sitter, nel 7,3% all’altro genitore, nel 3,4% - invece – a parenti e amici. È dunque evidente che è, ancora una volta, la rete familiare a coprire ben il 63% delle esigenze. Uno dei dati più allarmanti è che il 28% delle madri lavoratrici è costretto a rinunciare a mandare i/le figli/e all’asilo: il 19,5% afferma che non ci sono posti disponibili, il 17,4% che non ci sono asili nel comune di residenza, per il 7,1% gli orari sono scomodi, per il 4,8% l’asilo è eccessivamente distante. Ritornando agli aspetti professionali, continuano a costituire aree di parziale esclusione sociale e lavorativa per le donne, da un lato le posizioni di vertice nell’ambito della rappresentanza politica e del governo economico, e dall’altro le aree a forte connotazione tecnologica. Come sottolinea il Rapporto, lee donne sono, infatti, circa un quarto degli uomini tra i legislatori, dirigenti e imprenditori, ma occupano più della metà delle posizioni esecutive.
Non sono da sottovalutare una serie di fenomeni positivi, fino a sfiorare situazioni di leadership femminile in alcune particolari aree: professioni intellettuali, mediche (35,7%), quelle legate alle scienze della vita (55%), ai dirigenti di organizzazioni nazionali e sovranazionali (40,5%), alla magistratura (26,3%), alla pubblica amministrazione (47,2%), ai servizi di ricerca e sviluppo (44,5%), alle attività immobiliari e ai servizi alle imprese (44,1%). In particolare negli ultimi tre anni le donne in magistratura sono aumentate di oltre il 10 %, e del 24% le dirigenti di organizzazioni di interesse nazionale e sovranazionale.
L'area della gestione di impresa è un'altra area che mostra interessanti risultati nella posizione delle donne. In particolare il management è uno dei pochi settori nei quali l'Italia ha recuperato rispetto all'Europa per quanto riguarda la presenza femminile. Almeno 7 donne imprenditrici su 10 hanno creato la propria azienda da sole. Non solo per necessità di lavorare e per non far chiudere un'attività preesistente di famiglia, ma anche per seguire una propria vocazione. Un fenomeno, quello dell'imprenditoria femminile, che cresce con ritmi più sostenuti di quelli dell'imprenditoria maschile, tanto che oggi le donne reggono secondo dati di “Unioncamere”, il 25% del totale delle aziende italiane. In loro, come indica il Rapporto Censis, prevale una ''cultura del profitto ben temperato '', che si sostanzia attraverso atteggiamenti e azioni riconducibili a modelli di capitalismo orientato a valorizzare l'impatto sociale ed economico, del fare impresa ''. Le Manager ritengono che il successo sia legato al coraggio di ''sporcarsi le mani '' con tutto ciò che riguarda l'impresa (dall'amministrazione alle strategie), collegando il profitto alla capacità di ispirare fiducia sia nei clienti sia ai propri dipendenti e considerano come principio guida nella propria attività la responsabilità e la capacità di rispondere insieme ai bisogni dell'azienda e alle attese dei/delle dipendenti ''. Brave, intraprendenti e produttive, l’unica pecca per il Censis è che la vivacità valoriale delle imprenditrici non sembra accompagnarsi a un altrettanto forte orientamento alle relazioni. Il Censis segnala una certa estraneità delle Manager rispetto alle vicende economiche e sociali circostanti che conferma che le imprese femminili sono, più di quelle a conduzione maschile, restie a partecipare attivamente alla vita pubblica locale e sostanzialmente chiuse nel proprio microcosmo produttivo e amicale. Ciò che molte donne imprenditrici non hanno ancora fatto proprio – sottolinea il rapporto - è il principio per cui fare bene il proprio lavoro oggi comporta, invece, anche la capacità di creare e mantenere connessioni forti con l'economia locale e con le opportunità di innovazione che questa richiede, persino sul piano dell'internazionalizzazione. Il 42esimo rapporto Censis, infine, non ammette altre letture: occorre promuovere il lavoro femminile migliorando le condizioni sociali delle donne.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sempre precisa e puntuale! Grazie per le info
Giovanna Vingelli

Unknown ha detto...

Spero siano utili, anche se il quadro non è incoraggiante. Stella