“La
violenza sulle donne, prima ancora che materia giuridica, è
emergenza culturale”. Lo slogan lanciato da Serena Dandini per
promuovere l'appello on line per la convocazione da parte del Governo
degli stati generali contro la violenza di genere è una sintesi
tristemente perfetta del problema.
Non
passa giorno che non si legga sui quotidiani di donne uccise per mano
del proprio partner o ex partner, di donne perseguitate
ossessivamente da uomini incapaci di elaborare una separazione ma
anche un semplice rifiuto, molestate dai datori di lavori,
destinatarie di un linguaggio violento e oggetto di una
rappresentazione mediatica superficiale e eccessivamente sessuata.
Ilaria
Leone, Alessandra Iacullo, Michela Fioretti, sono solo i nomi delle
vittime più recenti del femminicidio italiano, a cui forse si dovrà
aggiungere anche quello della reggina Immacolata Rumi, sul cui
decesso sta indagando la Procura reggina, e per il quale, ad oggi, è
sospettato il marito della donna.
Le
dichiarazioni della Presidente della Camera Laura Boldrini e della
Ministra per le Pari Opportunità Josepha Idem lasciano ben sperare
per un'intervento strutturale da parte del Governo e del Parlamento
su questo tema, sulla scia del Piano Nazionale contro la violenza
sulle donne adottato già nel 2010.
L'auspicio
è che all'azione di ordine pubblico, indispensabile per reprimere
l'emergenza di un crescendo criminoso che vede salire a 35 le donne
morte per mano di un uomo nel 2013, con un un dato di 124 morti
violente nell'anno precedente, si affianchi un processo culturale
innovativo che già dalle scuole elementari educhi al dialogo e al
rispetto dell'altro i bambini e le bambine, un cambiamento nell'uso
che del corpo della donna si fa nei programmi televisivi e negli spot
pubblicitari, dove abbiamo visto pubblicitari, senza scrupoli e
fantasia, rappresentare scene di femminicidio per vendere uno
straccio per la polvere.
Le
associazioni femminili stanno lavorando alacremente da anni e mai
come in questo periodo ho visto le ho viste così unite per sostenere
questa battaglia di civiltà.
Se
Non Ora Quando ha correttamente fatto notare come le denunce delle
donne siano spesso prese sotto gamba e la lentezza nei processi possa
ritorcersi contro la stessa parte offesa, il sistema di tutela penale
appare inadeguato rispetto alle esigenze di protezione reale e
immediata di cui le vittime necessitano in questi casi. Ed è in
questi momenti che svolgono un ruolo strategico i centri antiviolenza
e le case rifugio, che però faticano ad andare avanti e sostenere i
costi di gestione.
Di
tutto questo se ne discute da anni, le azioni di contrasto proposte
vanno verso un maggiore impegno politico/economico da parte del
Governo, con l'augurio che alle parole segua un serio impegno di
bilancio da investire sulle strategia di contrasto alla violenza,
perchè senza un budget adeguato anche le migliori buone intenzioni
si fermano per strada.
L'anno
scorso il Consiglio Nazionale Forense, in esecuzione del Protocollo
d'Intesa sottoscritto con il Ministero Pari Opportunità, ha formato
ottanta giovani avvocate ed avvocati, provenienti da quattro regioni
del Sud tra cui la Calabria, per diventare “avvocati che difendono
le donne” in un percorso multidisciplinare, riconosciuto dal
Dipartimento Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri. Da questa bellissima esperienza è nata una vera e propria
task force di legali a disposizione della società, dei centri
antiviolenza e sopratutto delle donne che abbiano bisogno di essere
assistite, chiedere un parere o semplicemente essere ascoltate.
Il
progetto sta continuando e i Comitati Pari Opportunità degli Ordini
stanno proseguendo per replicarlo sul territorio, creando nuove
competenze e professionalità su questo tema con la precisa volontà
di impegnarsi in prima persona per diventare avvocate che difendono
le donne e parte attiva nell'azione di contrasto alla violenza di
genere.
Questo
impegno, malgrado possa apparire “marginale” per le sua
dimensione, ha il grande merito di aver fatto scendere in campo
l'avvocatura sul tema della violenza contro le donne, conferendo a
questa professione una ulteriore dimensione di responsabilità
sociale e partecipazione attiva alle battaglie per i diritti civili
in Italia.
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