Gent.mo Direttore,
ho letto con interesse
l'articolo di Benedetta Malara intitolato “La
Mediterranea, il Cda e le “quote rosa”: due uomini membri
esterni. Ma lo Statuto...”.
La
composizione dei Consigli di Amministrazione, rappresentando questi
le “stanze dei bottoni”, è sempre di più oggetto di attenzione
in termini di parità di genere e l'approvazione della legge n.
120 del 2011 ha stabilito che nei consigli di amministrazione e nei
collegi sindacali delle società quotate in mercati regolamentati
almeno un terzo dei membri debba appartenere “al genere meno
rappresentato” e che per il primo mandato di applicazione della
legge la quota deve essere pari almeno a un quinto. In tal senso la
Consob ha già adottato l'apposito regolamento per le società
quotate .
La
legge estende, inoltre, la disciplina sulla parità di accesso agli
organi di amministrazione e di controllo anche alle società
pubbliche costituite in Italia, non quotate in mercati regolamentati.
Purtroppo,
le Università non sono ricomprese nell'ambito di applicazione della
legge Golfo/Mosca, e la previsione dello Statuto rispettano i
principi di pari opportunità dettato dalla nostra legislazione
antidiscriminatoria.
L'Ente
è tenuto a rispettare, dunque, eguali chances
in fase di accesso ma non deve e non può garantire il risultato.
Tuttavia,
come la giornalista fa giustamente notare, appare quantomeno
inverosimile che non ci siano candidature femminili idonee, adeguate
a ricoprire l'incarico di consigliere esterno. In questi casi, anche
se non operano i vincoli della legge n.120, potrebbe comunque
profilarsi un caso di discriminazione individuale ai sensi del Codice
delle Pari Opportunità.
La
candidata che dovesse ritenere il suo profilo curriculare adeguato al
ruolo di consigliere di amministrazione dell'Università Mediterranea
al pari dei due uomini designati, potrà rivolgersi all'Ufficio della
Consigliera di Parità per valutare la sussistenza di una
discriminazione diretta individuale fondata sul sesso ai sensi del
Codice Pari Opportunità, laddove lo stesso vieta qualsiasi
discriminazione nell'accesso al lavoro e agli incarichi pubblici.
In
questo caso, dovrà distinguersi il rispetto formale delle
prescrizioni legislative, avvenuto tramite l'indicazione nel testo
dello Statuto che l'avviso pubblico di selezione dei componenti
esterni avvenga nel rispetto dei principi di pari opportunità e,
invece, la fattispecie concreta, dove sarà la candidata a valutare,
assistita dalla consigliera di parità, se dal confronto dei
curricula esaminati emerga una discriminazione determinata da fattori
legati al sesso.
La
Consigliera Regionale di Parità della Calabria
avv.
Maria Stella Ciarletta